Lo sviluppo di una vera e propria ”Archeologia del gesto” artigianale è una delle grandi sfide che verranno affrontate dal progetto AGATHOCLES. Lo studio delle abilità dei ceramografi attivi in Magna Grecia e in Sicilia tra V e IV sec. a.C. avverrà tramite l’applicazione di innovative tecniche diagnostiche che permetteranno una nuova “narrazione” di questi importanti prodotti dell’artigianato artistico del mondo greco antico.
Può un manufatto di quasi 2500 anni fa raccontarci la storia di come è stato prodotto? Nel suo libro L’uomo artigiano, Richard Sennet, uno dei più importanti sociologi contemporanei, parlando di «esercizio» artigianale che «diventa narrazione», sostiene come «la tecnica si sviluppa grazie alla costante dialettica tra il modo corretto di fare una cosa e la disponibilità a sperimentare l’errore» (R. Sennet, L’uomo artigiano, ed. italiana Feltrinelli 2012, traduzione a cura di Adriana Bottini, p. 157). I gesti dell’artigiano sono dunque indissolubilmente legati alle prove, ai ripensamenti, agli errori. Prendendo spunto da queste parole, è il manufatto stesso, insieme ai gesti invisibili che si collocano “dietro” di esso, che può a tutti gli effetti costituire una nuova prospettiva di “narrazione”. Si potrebbe quindi parlare di una vera e propria “archeologia del gesto” artigianale, focus peraltro anche del progetto AGATHOCLES che, a partire da ottobre 2021, indagherà vari aspetti legati alla tecnologia produttiva e all’organizzazione delle botteghe di ceramica a figure rosse nate nelle colonie greche di Magna Grecia e Sicilia.
L’acronimo sta per: The ‘Archaeology of Gesture’: Apprenticeship, Tools, Hands, Organization, Collaborations, Learning Experience and Social Network Analysis. Il richiamo è a quell’Agathocles, dapprima tiranno di Siracusa successivamente autoproclamatosi “basileus” di Sicilia, attivo tra il 316 e il 289/288 a.C. Secondo quanto riportatoci dalle fonti (Diod. Sic. XIX, 2, 2-3), egli era figlio di Carcino di Reggio, un vasaio attivo all’interno di una bottega di Thermai Himeraiai, insediamento sulla costa nord-occidentale della Sicilia, fondato a seguito della distruzione di Himera nel 409 a.C. Agathocles era dunque figlio di un vasaio. L’acronimo scelto mira allora a evocare la curiosità e lo spirito tipico dei figli, inclini a imparare osservando le azioni intangibili strettamente connesse con le abilità manuali e con i gesti di coloro che sono soliti trasmettere la propria conoscenza attraverso l’uso sapiente delle mani. Il progetto, che mi porterà a lavorare anche a Tucson (Arizona, USA) per oltre un anno, intende avvalersi di metodologie che, a partire da un’attenta diagnostica per immagini in grado di cogliere dettagli invisibili a occhio nudo, permettano di affrontare varie problematiche su scala progressivamente più grande, fino a contemplare fondamentali questioni storico-produttive legate alla mobilità artigianale su scala sub-regionale, ma anche infra-regionale, tra Magna Grecia e Sicilia. Una visione quindi che parte dal “micro” per arrivare al “macro”e e consente così di sviluppare un percorso conoscitivo coerente e dinamico nel tentativo di ricostruire - con un approccio altamente interdisciplinare - l’antico savoir-faire dei ceramografi e la loro mobilità attraverso le poleis greche e i centri ellenizzati dell’Italia meridionale nel V e IV sec. a.C. Studi archeometrici e innovative tecniche fotografiche ci permetteranno di svelare la tecnologia produttiva di questo grande patrimonio. Nel primo caso si tratta di analizzare le caratteristiche della vernice, la temperatura di cottura utilizzata, i difetti di cottura, le diverse modalità di stesura del miltos, la composizione chimica dei colori sovradipinti, ecc. Le tecniche fotografiche (Computational Imaging, tra cui l’applicazione della RTI - Reflectance transformation imaging) sono invece indispensabili per catturare i disegni preparatori negli strati sottostanti la vernice e per cogliere meglio la “sequenza” ordinata dei gesti che portarono alla realizzazione delle immagini vascolari, come dimostrano le recenti ricerche condotte dal professor Diego Elia. Su scala leggermente più grande sono previste anche indagini dattiloscopiche, alla ricerca di impronte digitali di vasai e pittori per provare a definire meglio l’organizzazione interna di queste botteghe, nonché sessioni di archeologia sperimentale che - grazie al coinvolgimento del Laboratory for Traditional Technologydella School of Anthropology dell’Università dell’Arizona - avranno l’obiettivo di riprodurre alcuni passaggi tecnici (e la sequenza dei gesti) legati alla realizzazione delle immagini sui vasi e agli strumenti utilizzati.
Infine, per comprendere meglio i modelli formativi, le relazioni, le dinamiche di mobilità e le possibili collaborazioni tra le diverse botteghe di ceramica a figure rosse nate nelle colonie greche di Magna Grecia e Sicilia ci si avvarrà delle potenzialità offerte dalla Social network analysis, con un approccio anche in questo caso innovativo per il settore di studi.
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